Era ormai l'imbrunire quando la carovana di auto rientrò al borgo antico arrampicandosi fino al piazzale della cattedrale. L'avventura era iniziata qualche ora prima quando ignari di quello che ci sarebbe capitato e che avrebbe cambiato per sempre il corso della nostra vita eravamo partiti alla volta della foresta nera di Mozzate. Con il sottoscritto c'erano: Carmelo "Voce d'Angelo" Licata, Marco "Quello è un mio amico" Volonté, Mimmo "Torero" Bondì, Claudio "Il Colonnello" Lattuada, Matteo "CoccoBello" Coccomazzi e Giovanni "Sniffa" Volonté. Il "Torero" aveva estratto per l'occasione dalla custodia due biciclette bi-ammortizzate costruite in soli due esemplari da un artigiano di Locri per se stesso e per "Il Colonnello" che aveva quindi dovuto lasciare a casa, con qualche dubbio, la Graziella di sua moglie. Le due bi-ammortizzate erano dotate di ogni comfort, autoradio e cavalletto compresi. Quella del "Torero" aveva naturalmente le corna.
Giunti al limitare della foresta nera di Mozzate noi sette impavidi ci unimmo a tre sedicenti guide alpine presentateci con la frase: "questi sono tre dei miei migliori amici" da "Quello è un mio amico". Con qualche titubanza ci addentrammo nella penombra scura della foresta nera dalla quale provenivano rumori sinistri e versi di animali sconosciuti. "Voce d'Angelo", mentre recitava il rosario in tutte le lingue del mondo, venne colto subito da trance agonistica e partì a velocità folle verso un gruppo di mangrovie; il copertone anteriore, infilandosi tra due radici, si bloccò provocando una capriola del malcapitato solo per miracolo conclusasi tra le braccia del "Torero". La decina di uomini proseguì con più cautela accendendo la pila sul casco per l'oscurità. Dopo poco, però, per sciogliere un po' la tensione, "Il Colonnello" iniziò a fare delle acrobazie con il ciclo in suo possesso anche per testarne le qualità. Desistette quando, durante un'impennata sulla ruota posteriore e senza mani, finì in un roveto procurandosi escoriazioni su tutto il corpo. E quando dico tutto il corpo intendo proprio tutto il corpo. Al quarantesimo chilometro la faccenda si fece sempre più spessa. "CoccoBello", che indossava per l'occasione una muta da sub, schiumava come un cavallo da corsa ed iniziò a nitrire. Il "Torero" in preda alle allucinazioni immaginava di essere ancora nella Plaza de Toros di Ronda ed inforcava le corna della sua bici come un ossesso. Ormai qualsiasi segno di vita umana era sparito dalla vista da un pezzo. Una delle guide alpine si faceva strada con un macete. Improvvisamente ci si parò davanti l'ultimo muro della salita che ci avrebbe portati in vetta, alla ragguardevole quota di 2700m. Non provo vergogna nel dire che io e "Quello è un mio amico" ci mettemmo a piangere come bambini. Per fortuna "Sniffa" aveva con se un po' della sua merce che in men che non si dica ci rimise in sesto. Il Silenzio con la "S" maiuscola scese sulla decina di uomini: il rumore del silenzio veniva rotto ogni tanto dal brusio di "Voce d'Angelo" che aveva ricominciato a pregare e dai singhiozzi di "Quello è un mio amico". La decina di uomini iniziò alla spicciolata l'ultima ascesa: a metà della salita una delle guide abbandonò il gruppo per andare a buttarsi nelle rapide del torrente. La decina di uomini non era più una decina. Non so come raggiungemmo la vetta, ma così fu. Durante la salita abbiamo visto cose che voi umani non vedrete mai: su questo calvario la nostra vita è cambiata per sempre. A quel punto iniziò la discesa che in confronto alla salita era come Saigon in paragone a Disneyland. Al novantesimo chilometro "Voce d'Angelo" partì a rotta di collo perchè ormai privo di freni: non l'abbiamo più rivisto. Al centodecimo chilometro "Il Colonnello" perse entrambi i pedali, mentre cercava di saltare un tronco con un colpo di reni e dovette proseguire spingendosi con i piedi; particolare strano: dopo quell'incidente "il Colonnello" cambiò tono di voce e di lì cominciammo a chiamarlo "La Colonnella". Al centotrentesimo chilometro "CoccoBello" si sbarazzò della muta da sub e proseguì in costume adamitico. Se la salita cambiò per sempre la nostra vita, la discesa cambiò per sempre la nostra conformazione morfologica: il "Torero" da lì in poi continuò a sostenere di aver inglobato la sella nelle natiche. Anche in questo caso nessuno sa come giungemmo alla fine e ci trascinammo fino alle auto. Le due guide alpine superstiti si dileguarono senza riscuotere la paga. In totale silenzio ritirammo le nostre povere cose e ci mettemmo mestamente sulla via di casa: la nostra fila di auto non era distinguibile da un corteo funebre. Guadagnato il piazzale della cattedrale ognuno andò per la sua strada giurandoci reciprocamente di non raccontare mai a nessuno quello che avevamo visto.
Ancora oggi, a distanza di tempo, tutti portiamo i segni di questa avventura: "Sniffa" e "CoccoBello" passano di bar in bar a chiedere se qualcuno ha più visto "Voce d'Angelo"; "La Colonnella" canta in un coro di voci bianche; io mi sveglio di soprassalto tutte le notti con la testa che rimbomba degli ululati del "Torero" mentre supplica "Quello è il mio amico" di togliergli la sella dalle chiappe mentre quest'ultimo, con le lacrime agli occhi, non sa come dire all'amico fedele che purtroppo .... non si vede nessuna sella da togliere.
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